Cosa visitare a Brno
Chi arriva per la prima volta a Brno, sia che arrivi per turismo, sia per lavoro o per altri motivi, desidera innanzitutto, come in qualunque altra metropoli, guardarsi intorno per familiarizzare con la città, scoprirne il volto, i suoi monumenti più caratteristici, le sue attrattive e il modo di vivere dei suoi abitanti.
Uo sguardo alla città, per quanto breve, non può prescindere dalla visita ai monumenti più noti, quelli che danno l’impronta e ne contengono i simboli.
Hrad Špilberk – La Fortezza dello Spielberg
Per un secolo e mezzo la città di Brno è stata assimilata, nel ricordo degli italiani, alla fortezza dello Spielberg dove, agli albori del Risorgimento, furono detenuti diversi patrioti italiani tra cui Silvio Pellico, l’autore del libro “Le mie prigioni”.
Oggi lo Spielberg si presenta meno cupo e tetro di un secolo fa, anche a seguito degli sforzi della municipalità per dargli un nuovo look.
Tuttavia, la sua immagine, nel pensiero degli italiani, specie dei meno giovani, continua ad essere associato al ricordo dell’antica prigione asburgica.
Eppure, il castello che domina la città ed il cui aspetto è mutato nel corso dei secoli, ha una storia interessante e antica.
Edificato nel XIII secolo dal Re di Boemia Otacaro II della dinastia dei Premislidi, fu poi sede dei Margravi di Moravia. Per le sue mura impenetrabili e la sua posizione strategica resistette ad un lungo assedio degli Svedesi nel 1645.
Durante la Guerra dei trent’anni, che oppose in tutta Europa cattolici e protestanti, l’esercito svedese, diretto verso Vienna dopo avere espugnato Olomouc, cinse d’assedio la guarnigione di Brno, fedele all’Imperatore Ferdinando III d’Asburgo.
Per quattro mesi i millecinquecento uomini di Jean Louis Raduit de Souches, asserragliati nello Spielberg, tennero testa ai trentamila uomini del generale Lennar Torstenson. La guarnigione dello Spielberg, in una memorabile sortita del 13 agosto 1645, riuscì addirittura ad infliggere gravi perdite agli svedesi, che cessarono l’assedio.
L’episodio diede origine alla leggenda del “mezzogiorno di Brno”. Ogni anno, in agosto, sotto le mura dello Spielberg viene messo in scena la rappresentazione della battaglia.
La gloriosa tradizione del castello, venne un secolo dopo offuscata dalla decisione di Giuseppe II d’Asburgo di adibirlo a prigione per delinquenti comuni e detenuti politici.
Le casematte, sotterranei di servizio delle fortificazioni, vennero trasformate nelle famigerate “carceri giuseppine”, luogo di detenzione e tortura non solo per delinquenti comuni, ma soprattutto per dissidenti e patrioti provenienti da tutti i paesi dell’Impero.
Nello Spielberg fu detenuto fino alla sua morte, avvenuta nel 1749 all’età di 38 anni, il Barone Franz Von Trenck, leggendario colonnello dei Panduri.
Ma la fortezza è ancor più strettamente legata alla storia dei Carbonari italiani e della Giovine Italia. Una stele con la lupa romana, eretta nei giardini del castello, ricorda il sacrificio delle decine di patrioti italiani detenuti nello Spielberg (Pellico, Maroncelli, Confalonieri ed altri).
Dopo un breve periodo in cui lo Spielberg riprese la sua funzione difensiva, la lugubre funzione delle casematte venne ripristinata dagli Asburgo durante la Prima guerra mondiale e, da ultimo, dai nazisti nella Seconda guerra mondiale, che adibirono i sotterranei a sale di tortura e di esecuzione dei prigionieri antinazisti.
Attualmente lo Spielberg è di proprietà della municipalità di Brno che, dopo una profonda ristrutturazione, l’ha adibito a Museo della Città, con mostre ed esposizioni permanenti e temporanee. Sono comunque ancora visitabili le antiche fortificazioni e le famigerate casematte.
Dallo Spielberg e dai suoi giardini si gode un magnifico panorama sul centro di Brno. Ogni anno, tra il mese di maggio e giugno vi si tengono le finali del festival internazionale dei fuochi artificiali.
Katedrála Svatého Petra A Pavla – Cattedrale Dei Ss. Pietro e Paolo
Concepita inizialmente in forme romaniche, meno di cent’anni dopo veniva già rielaborata in stile protogotico a tre navate.
Nel 1296, per la presenza di un Capitolo di Canonici, venne elevata al rango di Chiesa Collegiata. Originariamente dedicata a S. Pietro, solo attorno al 1500 venne intitolata ad ambedue gli Apostoli Pietro e Paolo.
Incendiata durante la Guerra dei trent’anni, venne ricostruita e arricchita negli interni con due successivi rimaneggiamenti in stile barocco, negli anni 1651 e 1743.
A seguito dell’attribuzione da parte di Pio VI della cattedra vescovile alla città di Brno nel 1777, la Collegiata assurse al rango di Chiesa Cattedrale.
Accanto ad essa venne edificata la residenza del Vescovo, tuttora in uso. Gli interni barocchi sono molto interessanti, come pure le lunghe vetrate policrome dell’abside. I due campanili di Petrov, che con le loro guglie denotano in maniera inconfondibile lo skyline di Brno sono molto più recenti di quanto appaiano.
Alte 81 metri, le torri campanarie sono opera di August Kirstein, architetto al Duomo di Santo Stefano a Vienna, il cui progetto venne selezionato nel 1904 tra altri 42, e sono state definite “il capolavoro del neogotico nella Repubblica Ceca”. Uno dei campanili è aperto al pubblico e consente una veduta straordinaria sulla città.
Tuttora le campane di Petrov suonano il mezzogiorno alle ore undici, in ossequio all’antica tradizione legata all’assedio svedese al castello dello Spielberg, di cui abbiamo parlato più sopra.
Il 13 agosto 1645, dopo quattro mesi di assedio, attorno alle mura dello Spielberg venne combattuta la più aspra battaglia tra la guarnigione del castello e le truppe svedesi di Torstenson, che costò agli assedianti ottomila morti. A sera, dopo un lungo consiglio di guerra con i suoi luogotenenti, Torstenson decise di togliere l’assedio alla città, fissando la partenza delle truppe svedesi per le ore 12 del giorno successivo.
Carpita la notizia, gli abitanti di Brno, ansiosi di vedere partire gli occupanti, e timorosi di un ripensamento, organizzarono uno stratagemma, con la complicità dei parroci della città. Ogni ora le campane di Petrov e quelle delle altre chiese, che a quel tempo fungevano da orologio per la cittadinanza, batterono l’ora con qualche minuto di anticipo, finché, ora dopo ora, alle undici del giorno successivo batterono il mezzogiorno, e l’esercito svedese prese la via del ritorno.
Da quel giorno il “mezzogiorno di Brno” è fissato alle undici; le campane di Petrov suonano il mezzogiorno alle undici ed anche il nuovo curioso orologio di Náměstí Svobody lascia cadere alle undici le palline-regalo per i bambini.
Stará Radnice – Municipio Vecchio
Due pannelli in bronzo ne narrano la storia: Nel 1636, al termine di una disputa tra falegnami circa le rispettive capacità fisiche e artigianali, un certo Jiří Birk, falegname di Lednice (cittadina distante una settantina di chilometri da Brno) accettò una scommessa: avrebbe abbattuto un albero, lavorato d’ascia per costruire una ruota da carro e l’avrebbe portata, rotolandola in terra, fino al municipio di Brno; tutto questo dall’alba al tramonto.
Riuscì nell’impresa, vinse un premio di 12 talleri d’argento e la ruota venne esposta in municipio, dov’è tuttora.
Ogni anno, in ricordo dell’impresa, giovani sportivi di Brno ripetono la performance, ma limitandosi a rotolare una ruota di legno (già fatta) da Lednice a Brno.
Circa il drago, la leggenda affonda le sue radici nel medioevo, quando, in un clima di miti e di streghe, si narrava dell’uccisione di un terribile drago che terrorizzava il circondario di Brno. in realtà si tratta di un coccodrillo impagliato, donato alla municipalità nel 1608 dal Margravio Mattia, che aveva partecipato al conflitto austro-ottomano.
Poiché all’epoca tali animali erano sconosciuti in Europa, il coccodrillo eccitò la fantasia popolare, che lo identificò con il drago medievale. Ancor oggi il coccodrillo è molto presente nell’iconografia cittadina. Si chiamano “Brněnský drak” un piatto tipico, un treno espresso Brno-Praga, una rivista, e molti circoli sportivi. La radio locale più nota è “Rádio Krokodýl”.
Quanto all’edificio del Vecchio Municipio, la sua costruzione risale al 1240 e il suo cortile è stato più volte rimaneggiato, con aggiunte e modifiche da parte di architetti italiani (tra cui Pietro Gabri) in epoca rinascimentale e barocca. L’antica torre dell’orologio, più volte ritoccata, deve il suo aspetto attuale al rialzo di cinque metri (è attualmente alta circa 63 mt.) e restauro della copertura del 1905. Da ultimo è stata chiusa nel 2012 per circa un anno, per consentire una consistente operazione di consolidamento e restauro. Riaperta al pubblico nel dicembre 2012, dalla sua sommità si ha una bellissima veduta del centro storico.
Curioso il portale gotico scolpito nel 1511 da Antonín Pilgram, che lavorò successivamente al Duomo di Santo Stefano a Vienna.
La strana distorsione della sua guglia principale (certamente voluta, proprio sopra la statua della giustizia) viene spesso attribuita ad una rappresaglia dell’artista, non retribuito secondo i patti, ma sembra più veritiera l’altra versione, che vuole l’alterazione dovuta ad una “leziosità” dell’architettura tardogotica.
Dall’alto della torre del vecchio municipio ogni domenica, da maggio a ottobre, alle ore undici (il “mezzogiorno di Brno” di cui abbiamo già parlato), un gruppo di trombettieri in costume rinascimentale esegue alcuni brani di musica.
La leggendaria impresa di Jiří Birk, che portò la ruota, rotolandola, da Lednice a Brno, ha ispirato la gara che ogni anno riunisce giovani e meno giovani (spesso anche veri e propri atleti), impegnati nella ripetizione della performance.
La gara si chiama “Koulení kola” (“rotolando la ruota”) e parte, come nella tradizione, da Lednice per concludersi davanti al Municipio di Brno, dove c’è la ruota originale.
Si corre sul percorso di 66,9 km ed è effettuata da “team” di tre persone, che si alternano nel far rotolare la ruota mentre gli altri due vanno in bicicletta. La gara è preceduta dalla simbolica costruzione della ruota, mentre per i bambini c’è una mini-gara su un percorso di 66,9 metri. I team più agguerriti riescono a percorrere i 66,9 km del tracciato in circa tre ore e mezza.
Stará Radnice – Municipio Vecchio
Nato come monastero annesso alla limitrofa chiesa di S. Michele, di cui c’è traccia fin dal 1017, l’edificio venne assegnato dal Margravio di Moravia all’Ordine dei Domenicani nel 1228.
Successivamente utilizzato per usi civici (assemblea e tribunali), venne ristrutturato tra il 1582 e il 1585.
Il lavoro fu portato a termine da due architetti italiani, i fratelli Antonio e Pietro Gabri, che ne trasformarono il chiostro nel cortile attuale, arricchendolo dell’imponente scala che porta ai piani superiori, secondo lo stile rinascimentale italiano allora imperante.
Attualmente il palazzo è sede del Municipio, i cortili sono liberamente accessibili dal pubblico, è sede di mostre ed esposizioni a tema, e alcune delle sue sale più belle sono utilizzate per la celebrazione dei matrimoni. Il cortile è talvolta utilizzato per manifestazioni pubbliche (festival del folklore, concerti, ecc.)
Uno degli elementi più fotografati è il grande pluviale in bronzo, in uno degli angoli del cortile, che raffigura il mitico drago di Brno con le ali spiegate e le fauci spalancate.
Náměstí Svobody – Piazza Della Libertà
L’arengo in cui si strinsero i cittadini nei giorni della Rivoluzione di velluto e la platea in cui la folla si accalca davanti ai maxischermi per le finali-scudetto di hockey della Kometa Brno, è il cuore pulsante della vita cittadina, che sia piena durante le feste o desolatamente vuota in talune fredde serate invernali.
È anche una piazza in perenne, secolare trasformazione, palestra di architetti vecchi e nuovi che sembrano talvolta deturparla, ma per le cui opere il giudizio non può che avere tempi storici.
È il caso dei recenti interventi: il palazzo Omega, la cui bruttezza è un punto interrogativo che sarà sciolto solo dal parere dei nostri posteri, la fontana da cui solo episodicamente escono lunghi e vari getti d’acqua e – dulcis in fundo – il nuovo orologio dal significato imperscrutabile, la cui funzione è sconosciuta (nessuno è in grado di leggervi l’ora), il cui aspetto falliforme ha richiami ancestrali, e che con il suo quotidiano lancio di palline per i bambini (e non solo) appare come la provocazione di un architetto che ha voluto lasciare non un manufatto ma un enigma. Eppure, l’orologio di Náměstí Svobody fa esattamente il paio con la guglia volutamente storta del portale gotico del vecchio municipio: un segno criptico su cui, all’origine, nessuno ha obiettato, lasciando che generazioni di esperti si scervellassero interrogandosi sul suo significato: una testimonianza del sottofondo di teatralità e di sarcasmo che alberga nell’anima di Brno, una città che altrimenti sarebbe troppo seria per essere vera.
Su Náměstí Svobody si affaccia uno dei più antichi palazzi della città, la “Casa dei Signori di Lipa” (Dům pánů z Lipé), la cui facciata reca i più antichi simboli di unione del territorio moravo, con la scacchiera biancorossa all’origine dello stemma della Regione. La acquistò Jean Louis Raduit de Souches, l’eroico difensore di Brno di cui abbiamo già parlato, che vi abitò quasi quarant’anni, fino alla sua morte. Di recente il palazzo è divenuto uno degli esempi della moderna “filosofia del riuso” contrapposta a quella dell’immobile conservazione: lo stabile è stato svuotato dei suoi antichi contenuti e, pur conservando esternamente e internamente la sua storica struttura, è ora un centro commerciale con negozi, servizi e caffè.
Altro importante edificio è il Palazzo Klein (Kleinův palác), costruito a metà del 1800 da un “padrone delle ferriere” non in senso traslato, Franz Klein, proprietario di miniere e fonderie in un periodo in cui la tecnologia del ferro lo rese uno degli uomini più ricchi della Moravia. Balconi e finestre di ferro e statue in ghisa di operai con il martello in mano ne ornano le facciate.
Molti altri palazzi di pregevole fattura affacciano su Náměstí Svobody, tra cui quello detto “dei quattro atlanti” (Dům u čtyř mamlasů) per le quattro statue che sorreggono la balconata.
Da ricordare ancora la grande colonna mariana, eretta nel 1689 a ringraziamento della fine di una terribile epidemia di peste.
Ornano la base quattro statue a grandezza naturale: S. Sebastiano, S. Rocco, S. Carlo Borromeo e S. Francesco Saverio.
Oggi Náměstí Svobody è la piazza d’elezione per gli appuntamenti pubblici: festival, mercatini natalizi e pasquali, eventi sportivi, manifestazioni gastronomiche. Soprattutto in estate, non c’è giorno che Náměstí Svobody non si animi con una nuova iniziativa.
Zelný Trh – Il Mercato dei Crauti
Se Náměstí Svobody rappresenta il “salotto buono” della città, la piazza denominata Zelný trh (il mercato dei crauti) ne rappresenta l’aspetto più pittoresco. Adibita al mattino a mercato ortofrutticolo, è un pezzo di città rimasto immutato nei suoi tratti caratteristici. Speriamo che l’imminente opera di riqualificazione totale, che dovrebbe migliorare l’aspetto della piazza, non ne snaturi le caratteristiche fondamentali.
Zelný trh è circondato da palazzi storici che vivono oggi una nuova, vivace stagione: l’imponente palazzo barocco del Principe di Dietrichstein, oggi Moravské zemské muzeum (Museo territoriale della Moravia), l’antico teatro Reduta, dove nel 1767 si esibì l’undicenne Mozart, oggi completamente ristrutturato e frequentatissimo, il vecchio palazzo Hausperk del Fanale, trasformato nel teatro sperimentale “Husa na provázku” (l’oca al guinzaglio) da un geniale team di giovani cultori del teatro amatoriale impegnati nella ricerca di forme teatrali alternative e innovative.
Caffè e ristoranti completano il look quotidiano di Zelný trh, al cui centro campeggia la seicentesca fontana del Parnas (Parnaso), opera di Johann Bernhard Fischer von Erlach.
Durante i sondaggi per la realizzazione di un parcheggio sotterraneo, è stato recentemente scoperto un reticolo di gallerie, che si estende per circa un chilometro sotto la piazza. Sono gli antichi depositi di derrate e bevande, risalenti al 1200, e vaste cantine di epoca tardogotica. Tramontato il progetto di parcheggio, il labirinto di gallerie è stato ora aperto al pubblico. L’ingresso è sulla piazza, vicino al caffè Parnas.
Luogo di elezione d’estate del “teatro in piazza” e appuntamento tradizionale per i mercatini natalizi e pasquali, oggi Zelný trh è senza dubbio una delle più vivaci piazze di Brno.
Vila Tugendhat – Villa Tugendhat
Nel periodo tra le due guerre mondiali, quando Brno (come tutta la neonata Repubblica cecoslovacca) conobbe uno dei periodi di massimo splendore economico, artistico e culturale, la famiglia Löw-Beer si affermò in campo industriale, e riuscì ad accumulare grandi ricchezze attraverso l’attività delle proprie manifatture tessili, di zuccherifici e cementifici.
Nel 1922 la giovane Greta Löw-Beer sposò l’industriale tedesco Hans Weiss, trasferendosi in Germania. Qui ebbe modo di vedere ed apprezzare le straordinarie creazioni del geniale architetto Ludwig Mies van der Rohe, uno tra i maggiori rappresentanti di uno stile del tutto nuovo, definito “funzionalismo”.
Divorziata da Weiss dopo sei anni di matrimonio, Greta tornò a Brno, dove sposò l’amico d’infanzia Fritz Tugendhat che proveniva come lei da una ricca famiglia ebraica, ed era comproprietario di importanti industrie tessili.
Impressionata dalle realizzazioni di van der Rohe, supportata dall’adesione convinta del marito Fritz, Greta convocò a Brno il famoso architetto, commissionandogli il progetto di una residenza in cima ad un terreno a scarpata, non ponendogli vincoli di ordine economico.
Il progetto dell’edificio, totalmente diverso dall’imperante stile liberty, provocò la reazione scandalizzata di molti architetti cechi per la sua impronta radicalmente innovativa, ma venne approvato dai committenti. Nacque così, nel 1928, Villa Tugendhat, capolavoro dello stile funzionalista-razionalista, che certamente ispirò Frank Lloyd Whright per la sua “casa sulla cascata” negli Stati Uniti, iniziata nel 1936.
La villa era qualcosa di spettacolare, di totalmente nuovo rispetto a tutti gli edifici fino allora costruiti. Se ancor oggi il suo aspetto ci affascina, bisogna pensare a ciò che rappresentò nell’epoca in cui fu edificata. Le ampie vetrate che affacciano sul giardino, il basso profilo sulla strada, gli interni per la prima volta openspace, gli arredi, appositamente disegnati e realizzati in uno stile ancor oggi ultramoderno, totalmente nuovo per l’epoca, costituirono una cesura netta con quanto fino allora visto, e iniziarono un’epoca nuova per le costruzioni.
Ma la purezza delle linee di esterni ed interni, che si fondono in un “unicum” insuperabile, non si tradusse in povertà di decori. La manifestazione di ricchezza, che pure non volle essere evitata, non si declinò in abbondanza di fregi e di stucchi, come fino ad allora in uso, ma si rivolse essenzialmente all’accuratezza del design e al pregio dei materiali utilizzati. La grande parete di onice, impressionante monolite che separa gli ambienti, così come quella semicircolare in ebano, non sono solo capolavori d’architettura, ma anche la testimonianza delle possibilità economiche dei committenti.
Vennero realizzati su disegno perfino le rubinetterie e gli interruttori della luce.
Ma di nuovo non vi furono solo le forme, bensì il concetto stesso dell’organizzazione interna. Non più le stanze in senso tradizionale, ma “ambienti” in cui vivere, organizzati, in ossequio al nuovo concetto di “funzionalismo”, secondo le necessità e le destinazioni.
Accesso non dal basso ma dal piano più alto, a livello stradale, e poi, a scendere, le ambientazioni raggruppate per funzione: living rooms, spazi per i bambini e locali per le balie, locali tecnici per i servizi, garage e alloggio dell’autista con ingresso indipendente, alloggi separati per il personale di servizio e un grande parco che sembra quasi entrare nell’edificio.
Anche la tecnologia si volle rivoluzionaria: la stanza dedicata alla camera oscura, i motori per il trattamento dell’aria, quelli per l’apertura automatica delle finestre, la lavanderia, l’ambiente custodia pellicce a microclima controllato segnarono la svolta tra l’antico e il contemporaneo.
Un concetto antico, di grande villa padronale con tutti i servizi che servono alla vita quotidiana, venne per la prima volta declinato in una forma e in un’organizzazione interna la cui modernità ancora stupisce.
Nel 1930 i Tugendhat si trasferirono nella nuova casa, in cui vissero otto anni. Nel 1938 infatti, quando assunsero virulenza le persecuzioni naziste nei confronti delle famiglie di origine ebraica, furono costretti ad emigrare verso la Svizzera, da cui successivamente si spostarono in Venezuela. Ad ottobre 1939 la Gestapo confiscò la villa, trasformandola in propria sede, provocando diversi danni alla struttura e agli arredi.
Nemmeno la fine della guerra risparmiò la costruzione. L’Armata Rossa, difatti, subentrò alla Gestapo, e adibì la villa a scuderia per i cavalli. Tutti gli arredi vennero sottratti o dispersi e l’edificio seriamente danneggiato.
Dopo la fine della guerra Villa Tugendhat fu utilizzata per alcuni anni come scuola di danza. Nel 1950 fu acquisita, come tutte le abitazioni, al patrimonio statale, adattata e adibita a sanatorio e centro di riabilitazione motoria.
Dopo il 1989, a seguito della gigantesca operazione denominata “restituce”, consistente nella restituzione agli antichi proprietari di tutto il patrimonio edilizio pubblico cecoslovacco, la villa tornò nella disponibilità della famiglia Tugendhat, gravata però dai vincoli d’uso previsti per i beni storico-artistici di interesse nazionale.
I Tugendhat si determinarono perciò a vendere la villa al Comune di Brno, che, con un notevole impegno finanziario ha proceduto, tra il 2010 e il 2012, al completo ripristino del suo aspetto originario, compresa la ricostruzione dell’arredamento interno mediante la realizzazione di repliche in tutto identiche agli originali, realizzate sulla base delle foto e dei disegni dell’architetto, fortunatamente non andati perduti.
Oggi Villa Tugendhat è aperta al pubblico, fa parte con lo Spielberg, del nucleo più importante del sistema museale della città di Brno, ed è annoverata dall’ UNESCO tra gli edifici considerati patrimonio culturale dell’umanità. Chiusa il lunedì, è aperta negli altri giorni dalle 10 alle 18, è visitabile con giro accompagnato che parte ogni ora; considerato l’alto afflusso di visitatori è necessario prenotare la visita.
Kostel Svatého Jakuba – San Giacomo
La chiesa, iniziata in forme tardogotiche attorno alla metà del 1400, sul luogo ove sorgeva la cappella di un convento cistercense del 1200, è stata nel tempo arricchita di elementi rinascimentali e barocchi. Assai interessante il suo interno, rielaborato in stile barocco tra il 1750 e il 1766.
Le tre navate gotiche, alte, imponenti, conferiscono alla chiesa un’impronta di forte misticismo.
La più importante è però la grande tomba di Jean Louis Raduit de Souches, il difensore di Brno contro gli svedesi, di cui abbiamo già parlato nel riquadro dedicato allo Spielberg.
La grande statua, del condottiero, rivestito dell’armatura, è fortemente evocativa anche se sconta la forte impronta barocca nel movimento delle braccia e delle gambe.
In primo piano, a terra, i guanti di ferro e l’elmo, e più sotto un cartiglio che narra la sua storia con dovizia di particolari. In alto, una “gloriette” con putti tra bandiere, armi e palle di cannone. La statua è visibile nell’abside centrale esattamente dietro l’altare maggiore e l’elegante massa scura del bronzo, illuminata dai lunghi finestroni gotici, è molto suggestiva.
Di recente è stato scoperto nei sotterranei della chiesa un grande ossario, testimonianza della vasta area sepolcrale ipogea che ora, opportunamente risistemata, è stata aperta al pubblico.
Kapucínský Klášter – Convento, chiesa e cripta dei Cappuccini
L’ordine dei Cappuccini si installò a Brno nel 1604, in un piccolo monastero successivamente abbandonato nell’approssimarsi della minaccia svedese, quando i frati si ritirarono in un altro edificio in posizione ben difesa arroccato sotto i contrafforti di Petrov
Nel 1648 al nuovo monastero venne aggiunta la chiesa di S. Croce, finanziata dal Principe di Liechtenstein, mentre il Conte Francesco de Magnis finanziò l’ingrandimento del convento. La Chiesa e il convento si presentano in forme assai semplici, secondo lo stile povero dei cappuccini.
Ma più che la chiesa, ciò che attira l’interesse dei visitatori è la cripta che, come in altri monasteri cappuccini, espone i corpi mummificati non solo di frati, ma di numerosi personaggi illustri vissuti in Moravia.
Il più noto di essi è senza dubbio il Barone Franz Von Trenck (o Von der Trenck), la cui vita avventurosa, ispiratrice di romanzi e telefilm, merita un breve accenno. Il Barone Ivan von Trenck, di antica aristocrazia prussiana, con vasti possedimenti in Croazia e Slavonia, era entrato al servizio degli Asburgo come ufficiale di carriera. Il 7 luglio 1707 l’armata austriaca entrava in Napoli, scacciandone gli spagnoli e occupando l’intero Regno di Napoli.
Il Barone Ivan fu inviato a comandare la piazzaforte di Reggio Calabria dove, il 1° gennaio 1711, nacque il piccolo Franz.
Il bambino nacque quasi morto, e dopo pochi minuti, nonostante tutti i tentativi, non dette più segni di vita. Il corpicino inanimato fu affidato a una donna del luogo, che lo sottopose ad un intervento-shock, secondo un sistema allora in uso tra i contadini calabresi. Riempita una tinozza con del vino rosso, vi immerse completamente il neonato il quale, dopo poco, riprese vitalità.
Avviato alla carriera delle armi, Franz mostrò ben presto i segni di un temperamento focoso e indisciplinato. Giovane ufficiale, si fece notare tra l’aristocrazia viennese per le sue avventure galanti e per i suoi frequenti duelli, che facevano seguito alle continue liti, circondandosi ben presto di una pessima fama.
Chiese di comandare una formazione austriaca in appoggio ai russi in occasione della guerra russo-ottomana, ma non fu accontentato. Si rivolse allora direttamente alla Russia, che gli affidò il comando di un’unità di cavalleria. Il suo coraggio nel guidare gli attacchi gli fece guadagnare sul campo i galloni di maggiore dei dragoni, ma lo condusse anche davanti alla corte marziale per aver disatteso in modo sprezzante un ordine di ritirata. Condannato a morte, ebbe la pena commutata e riuscì a riparare a Vienna. Qui fu introdotto a corte, dove l’Imperatrice Maria Teresa e il Principe consorte erano curiosi di conoscerlo per via delle sue gesta.
Si è molto favoleggiato sui reali rapporti intercorsi tra l’Imperatrice e il Barone, ma gli storici negano che tali rapporti fossero diversi da quelli formali. Tuttavia, Maria Teresa si mostrò sempre incline a difendere Trenck, che molto di frequente si metteva nei guai. L’Imperatrice e Trenck si incontrarono più volte, anche fuori Vienna.
In occasione della guerra austro-prussiana tra il 1741 e il 1748, Trenck fu autorizzato da Vienna a costituire una formazione militare da schierare contro i prussiani. Trenck riuscì in brevissimo tempo a mettere insieme, a sua cura e spese, una formazione di più di mille uomini denominati Panduri e divisi in cinquanta Compagnie, reclutandoli nei suoi possedimenti in Croazia, nonché in Ungheria, in Bosnia e in paesi limitrofi.
Tra i Panduri, originariamente guardaspalle dei nobili ungheresi, militavano i peggiori soggetti allora in circolazione. Non ebbero mai un’uniforme definita, ma erano feroci e armati fino ai denti con carabina, pistola, sciabola e due o tre pugnali, la loro arma preferita. Subito impiegati nelle operazioni contro i prussiani, i Panduri di Trenck riportarono, battaglia dopo battaglia, una serie di vittorie straordinarie.
Tuttavia, la loro reputazione era pessima, non solo per le stragi di prigionieri, ma soprattutto per i saccheggi e le violenze nei confronti delle popolazioni dei luoghi attraversati. Visti i successi militari, le quotazioni di Trenck salirono alle stelle presso la corte di Vienna, ma il Barone contava nella stessa corte anche un gran numero di nemici.
La sua fine fu segnata dalla battaglia di Soor. Franz Von Trenck aveva un cugino di primo grado, Friedrich Von Trenck. La carriera militare dei due cugini era stata pressoché parallela, l’uno con l’armata austriaca, l’altro con quella prussiana. Nonostante la guerra, i due cugini avevano continuato a mantenere rapporti molto stretti e il destino volle che si trovassero faccia a faccia, negli eserciti contrapposti, il 30 settembre 1745 sul campo di battaglia di Horní Žd’ár una frazione di Hajnice in Boemia nei pressi Trutnov, chiamata in tedesco Soor. La battaglia inizialmente volse a netto favore degli austriaci, superiori di numero, ma finì con la vittoria dei prussiani, guidati dal Re Federico il Grande.
Sembra che il Trenck (Franz) con i suoi Panduri avesse catturato il re di Prussia Federico il Grande difeso dall’altro Trenck (Friedrich), rilasciandolo poi in cambio di un ingentissimo riscatto, ma consentendogli così di vincere la battaglia.
Ciò che successe in realtà non si sa, ma è certo che ambedue i Baroni Von Trenck, al loro rientro, finirono sotto processo per alto tradimento: Friedrich Von Trenck in Prussia, e Franz Von Trenck in Austria. Condannato ancora una volta a morte, con pena commutata per intervento di Maria Teresa, Franz Von Trenck finì i suoi giorni allo Spielberg, il suo corpo mummificato è oggi visibile nella teca di vetro della Cripta dei Cappuccini di Brno.
È evidente come un personaggio del genere, che sembra inventato, abbia ispirato romanzieri e cineasti. Ebbe vita breve (morì a 38 anni), e di lui si disse: “…non si sa quante donne abbia amato, quante persone abbia ucciso, di quanti beni si sia impadronito, ma nel suo stile di vita non fu diverso dai suoi Panduri”. Essendogli premorti i quattro figli, lasciò in eredità tutti i suoi averi al cugino Federico (che era uscito molto meglio di lui dai processi in Prussia) e agli abitanti di alcuni villaggi saccheggiati dai suoi uomini.
Minoritský Kostel – Chiesa e convento dei Frati Minori
La relativa modestia del prospetto che si affaccia sulla via Minoritská non dà l’esatta misura dell’imponenza del complesso conventuale né della bellezza degli interni della chiesa stessa (nella foto).
L’ordine francescano, i cui tre rami principali sono oggi rappresentati dai frati minori conventuali, dai frati francescani e dai frati cappuccini, approdò a Brno fin dal 1230, solo quattro anni dopo la morte di San Francesco d’Assisi.
Tra le comunità di religiosi presenti in città, i Frati minori sono gli unici che, pur fra travagliatissime vicende storiche, occupano il medesimo complesso monastico da 800 anni.
L’imponenza del complesso, incastonato tra vie piuttosto strette, si può in parte intravvedere all’incrocio tra le vie Jánská e Minoritská dove sorge la cappella di Loreto. Ed in effetti il complesso, oggi parzialmente occupato da negozi nel lato che si affaccia su strada, comprende ben tre chiese oltre al convento.
Oltre alla bellissima chiesa dedicata a san Giovanni, ubicata più o meno a metà della via Minoritská, c’è un’altra chiesa dedicata alla Madonna di Loreto, restaurata di recente e sempre facente parte dello stesso complesso, che affaccia sull’angolo tra Jánská e Minoritská.
Al suo interno si trovano delle perfette riproduzioni a dimensioni naturali della Santa casa di Loreto e della Scala santa.
I primi decenni videro ripetuti incendi delle primitive strutture, soprattutto lignee, ma dopo più di un secolo dalla sua costituzione, il convento venne ampliato e arricchito di due grandi chiostri. Alle guerre ussite seguirono anni di alterni declini e rinascite, finché a metà del 17° secolo la comunità fu ridotta a soli quattro frati.
Rifiorì nel 18° secolo, con la profonda ristrutturazione dell’architetto Mořic Grimm, che ne definì il monumentale aspetto attuale, con tre chiese e tre chiostri.
Kostel Sv. Tomáše – San Tommaso
A differenza del convento dei Frati minori, incassato tra strade strette, il monumentale complesso conventuale degli Agostiniani, con l’annessa chiesa di San Tommaso, è assai ben visibile da tutta l’area circostante.
Fondato nel 1350 dal Margravio di Moravia Jan Jindřich (Giovanni Enrico di Lussemburgo), fratello dell’Imperatore Carlo IV, il monastero degli Agostiniani venne dotato di denaro e proprietà terriere per assicurarne il mantenimento, e giunse ad avere più di 40 monaci.
Succeduto al padre nel Margraviato di Moravia, Jošt di Lussemburgo proseguì nella politica paterna di mecenatismo nei confronti del monastero.
Estinta la dinastia dei Lussemburgo come Margravi di Moravia, il convento e la chiesa di S. Tommaso conobbero difficoltà e distruzioni nel corso di diverse guerre, trovandosi al margine esterno della cinta muraria che difendeva il centro della città, venendo seriamente danneggiati durante l’assedio svedese del 1645.
Negli anni successivi, Paolo di Lichtenstein, Governatore di Moravia, commissionò il restauro del convento e la riedificazione della chiesa, con la facciata barocca che oggi conosciamo.
Il progetto della nuova facciata fu affidato all’architetto Giovanni Battista (Jan Křtitel) Erna, figlio di Andrea Erna, capomastro e scalpellino di Lanzo d’Intelvi (Como) edificatore di diverse chiese in Brno, tra cui quella dei cappuccini. La chiesa di S. Tommaso fu riedificata da Erna figlio nelle nuove forme barocche tra il 1662 e il 1667.
Altri profondi rimaneggiamenti furono operati all’interno della chiesa tra il 1732 e il 1736 dall’architetto Mořic Grimm, che già abbiamo visto all’opera nella Chiesa dei Frati Minori (Minoritská).
Dal 1743 vi furono importanti trasformazioni del monastero, nel tentativo di ottenere il rango abbaziale. L’ala del convento adiacente alla facciata della chiesa (visibile a destra, nella foto in alto) fu dotata di un nuovo, maestoso ingresso e gli interni assunsero l’aspetto di una splendida residenza barocca.
Nel 1780 Giuseppe II d’Asburgo avviò un vasto programma di riorganizzazione di conventi e ordini religiosi che prevedeva forti riduzioni del numero complessivo di frati e monache di tutti gli ordini, e in particolar modo di quelli contemplativi. A seguito degli editti imperiali, l’ordine dei cistercensi fu soppresso, e il loro secolare monastero di Brno con la chiesa dell’Assunzione abbandonato.
Subentrarono nel 1783 gli Agostiniani, che così lasciarono il convento di S. Tommaso.
Nel 1784, partiti gli Agostiniani, la chiesa di S. Tommaso fu costituita come parrocchia e il magnifico edificio annesso fu adibito in un primo tempo a sede della Prelatura, successivamente a Palazzo del Governatore (Místodržitelský palác).
Attualmente, l’edificio fa parte del circuito museale della città di Brno, ed è una delle tre sedi della Moravská galerie dove si svolgono interessanti esposizioni d’arte.
Kostel Nanebevzetí Panny Marie – Basilica dell’Assunzione
La riforma era dettata dalla constatazione di un progressivo deterioramento dello spirito originario dei conventi, divenuti ormai entità autoreferenziali svincolate da qualunque servizio alla collettività e spesso teatro di abusi e malcostume diffuso.
La volontà imperiale era quindi dettata dall’esigenza di riportare all’ordine molte comunità ormai fuori controllo.
Furono colpiti soprattutto gli ordini contemplativi e claustrali, maschili e femminili, che per la loro caratteristica di chiusura totale al mondo esterno, erano ormai divenuti centri di depravazione d’ogni genere favorita dalla diffusa usanza delle famiglie aristocratiche di monacare a forza figli e figlie non primogeniti per preservare l’unità dei patrimoni.
A Brno all’indomani degli editti, nel 1780, i cistercensi, il cui ordine era stato soppresso da un giorno all’altro, dovettero abbandonare rapidamente il convento annesso alla splendida Basilica gotica dell’Assunzione (Nanebevzetí Panny Marie).
Vennero risparmiati dalla scure imperiale gli Agostiniani, il cui ordine era stato ritenuto più vicino ai bisogni della società (assistenza, insegnamento, ecc.), che furono perciò autorizzati a occupare, nel 1783, il monastero già dei cistercensi.
L’origine del convento risale ad una donna, personaggio storico di prim’ordine avvolto da un alone leggendario: Elisabetta Richeza, regina di Boemia e di Polonia (Eliška Rejčka in ceco, Ryksa Elżbieta in polacco, Elizabeth Rikissa in svedese)
La vita della bellissima Elisabetta attraversò quella delle maggiori famiglie regnanti europee.
Nacque nel 1286 dal matrimonio di Premislao II, Re di Polonia, con Rikissa Valdemarsdotter, a sua volta figlia di Valdemaro, Re di Svezia e Sofia di Danimarca.
Dopo l’assassinio di suo padre nel 1296, la piccola Richeza fu coinvolta nelle lotte di successione al trono di Polonia. Aveva solo 14 anni quando, nel 1300, fu data in sposa a Venceslao II Re di Boemia, vedovo di Giuditta d’Asburgo, dalla quale aveva avuto dieci figli.
Venceslao, che con il matrimonio aveva acquisito il regno di Polonia, ebbe però la delicatezza di attendere fino al 1303, quando Richeza ebbe 17 anni, per portarla a Praga come moglie e come tale incoronarla regina di Boemia e di Polonia, col nome di Eliška (Elisabetta).
Due anni dopo Venceslao moriva a Praga, e il regno passò a suo figlio Venceslao III, che fu però assassinato l’anno successivo (1306). A questo punto la ventenne Eliška venne data in sposa al quasi coetaneo Rodolfo I d’Asburgo, duca d’Austria (da non confondersi con l’omonimo nonno) la cui famiglia, cumulando con i possedimenti in Germania e in Austria anche i regni di Boemia e di Polonia, gettava le basi per il futuro dominio continentale degli Asburgo.
Ma anche Rodolfo morì l’anno successivo al matrimonio, il 4 luglio 1307, durante l’assedio ad una fortezza. L’ancor giovanissima Eliška, rimasta vedova per la seconda volta, riuscì questa volta a sottrarsi alle lotte per il potere tra famiglie regnanti, rifiutò qualsiasi altro tentativo di farla sposare e si ritirò a Hradec Králové.
Conobbe Enrico di Lipá, Governatore di Moravia (il Palazzo dei Signori di Lipa è il più antico che si affacci su Náměstí Svobody) e con lui si trasferì a Brno, dove passò gli unici dieci anni felici della sua vita.
Lontana dagli intrighi di corte la giovane regina visse serena, corteggiata dal suo premuroso amante e appagata dalle piccole cose della vita quotidiana.
Enrico morì nel 1329, Eliška cinque anni più tardi. Dopo la morte di Enrico, Eliška si dedicò al completamento del convento cistercense che aveva fondato sei anni prima alla periferia di Brno con il nome di Aula Sanctae Mariae, e impiegò gran parte delle sue sostanze per l’edificazione di strutture religiose e la conservazione di manoscritti. Volle essere sepolta, accanto al suo amato Enrico nel convento cistercense, nella cripta della chiesa dell’Assunzione, alla cui edificazione aveva dedicato tanta cura.
Il convento cistercense crebbe di importanza nel corso degli anni, e vi furono aggiunti altri corpi di fabbrica, fino ad assumere la fisionomia che conserva tuttora.
La Chiesa dell’Assunzione, elevata al rango di Basilica, imponente edificio gotico, edificato in mattoni rossi e pietra con lunghi finestroni in stile gotico renano con influssi germanici richiamanti al Duomo di Colonia, è uno dei monumenti più belli della città di Brno.
L’annesso convento conobbe importanti pagine di storia. Dopo la soppressione dell’ordine cistercense venne occupato, nel 1783, dagli Agostiniani, episodio di cui abbiamo già parlato.
Qui studiò e lavorò l’agostiniano Gregorio Mendel (Gregor Johann Mendel), i cui studi sulla trasmissione ereditaria dei caratteri morfologici degli individui, condotti con esperimenti di ibridazione di piante e animali, furono tradotti da Darwin nel libro “L’origine delle specie” e posero le basi per le moderne teorie sull’evoluzione e l’ereditarietà. A ragione Mendel è oggi considerato come il padre della genetica.
Presso il convento degli agostiniani studiarono anche il compositore Pavel Křížkovský e il grande musicista moravo Leoš Janáček.
Nel 1872 nella grande piazza su cui si apre il convento venne costruito l’imponente stabilimento per la produzione della birra Starobrno.
Oggi la Piazza Mendel (Mendlovo náměstí), con il vecchio convento affiancato dallo stabilimento, costituisce uno dei punti più singolari di Brno.
Alcuni anni fa un gruppo costituito dai più noti professionisti di Brno, amanti dell’enologia, si riunì in club e successivamente in una Società per Azioni che acquisì le vecchie cantine del convento cistercense ormai quasi in rovina, restituendole all’antica funzione e aprendovi un ristorante-enoteca intitolato alla bella e sfortunata regina Eliška fondatrice del convento: “U Královny Elišky”.
Bašty – I Bastioni
Osservando le più antiche stampe che ritraggono la città di Brno, si può vedere chiaramente come il vasto nucleo centrale della città fosse completamente cinto di alte mura, intervallate con frequenza da torri cilindriche e porte quadrangolari.
Durante le campagne napoleoniche, per evitare che Brno potesse divenire una roccaforte degli austriaci, come in passato lo era stato contro l’invasione degli svedesi, tutta la cinta muraria della città venne demolita dai francesi.
Sopravvisse alla demolizione solo un brevissimo tratto, ai piedi della Cattedrale di Petrov, la cui demolizione avrebbe rischiato di compromettere la stabilità della Cattedrale.
Oggi quel piccolo tratto di mura, chiamate “I bastioni” (Bašty) costituisce una delle passeggiate più piacevoli nel centro di Brno.
Già dal 1815, cessata la minaccia napoleonica, gli Asburgo sistemarono a giardino la zona dei bastioni, erigendovi un obelisco a ricordo della fine delle guerre napoleoniche e rendendoli fruibili dalla popolazione.
Oggi il parco dei bastioni (Park Denisovy Sady), che negli anni scorsi il Comune di Brno ha ulteriormente riqualificato mediante un accurato restauro dei muraglioni e la creazione di una fontana a forma di ruscello e terrazzamenti attrezzati, costituisce una piacevole passeggiata nel cuore di Brno. È inoltre frequentato da cittadini, da turisti e da giovani, e dagli spalti delle terrazze si può godere di una bella veduta che spazia dalla stazione ferroviaria fino ai quartieri periferici della città.
Měnínská Brána – Porta Meninska
Nella sezione precedente abbiamo accennato al sistema di fortificazioni che circondavano la città di Brno, prima che venissero demolite.
La cinta muraria era composta da alte muraglie, bastioni, contrafforti e circa cinquanta torri cilindriche, intervallate di quaranta metri l’una dall’altra. Comprendeva cinque grandi porte d’accesso carraie fortificate: Běhounská, Veselá, Brněnská, Židovská e Měnínská
Le murature, come si ricava degli antichi disegni, erano imponenti. Tra gli architetti che vi posero mano nel corso dei secoli vanno ricordati l’italiano Giovanni Tansini e i francesi Louis François de Rochet e Pierre Philippe de Rochepin.
Se il vasto sistema difensivo fosse rimasto in piedi, Brno costituirebbe oggi il più importante esempio di città fortificata presente in Europa.
Ma la demolizione totale delle mura non è addebitabile solo alla volontà dei generali napoleonici. Le mura, infatti, non vennero demolite nella loro interezza ma ne rimasero alcuni tratti (pochi, in verità) che vennero smantellati nel tempo, man mano che la nuova città prendeva forma.
Oltre ai bastioni (Bašty), l’unica traccia delle antiche mura la incontriamo nella Porta Měnín (Měnínská) – nella foto – l’unica sopravvissuta delle cinque originali.
Basti ricordare che subì una serie di danneggiamenti nel corso dei secoli (da ultimo durante la Seconda guerra mondiale) e passò di mano diverse volte: nel secolo scorso fu di proprietà di una famiglia di artigiani, i Navrátil, che la utilizzarono per lo stoccaggio dei formaggi, in particolare i “tvarůžky”, dal fortissimo odore da molti considerato sgradevole.
Acquisita successivamente al patrimonio municipale, dal 1982 entrò a far parte del Museo della Città di Brno ed è attualmente adibita a sede di mostre ed esposizioni temporanee, oltre che ad un interessante Museo del Giocattolo.
Židovský Hřbitov – Cimitero Ebraico
Brno ha ospitato, nel corso dei secoli, una delle più grandi comunità ebraiche dell’Europa centrale. Una delle più importanti testimonianze è rappresentata dal Cimitero Ebraico, uno dei più grandi d’Europa (un numero considerevole di città si contendono il primato del più grande cimitero ebraico d’Europa).
Quello di Brno non è pittoresco e famoso come quello di Praga, ma è più grande (3,5 ettari) e artisticamente ben realizzato.
All’ingresso del cimitero è presente un Centro di informazioni turistiche che mette a disposizioni dei visitatori materaile informativo in diverse lingue con la piantina e la segnalazione delle tombe più importanti dal punto di vista architettonico, oppure dei personaggi più famosi.
Sono a disposizione anche pannelli murali, videoproiezioni, computer per ricerche internet, pannelli sonori e audioguide.
Personale molto cortese fornisce informazioni per visitare il cimitero. È previsto un copricapo, ma al visitatore che ne fosse sprovvisto non vengono fatte osservazioni.
Tra i personaggi più noti ivi sepolti, oltre alle tombe delle famiglie Löw-Beer e Tugendhat, di cui abbiamo parlato nella storia della Villa Tugendhat, ricordiamo l’attore e regista Hugo Haas, l’architetto Otto Eisler, il pittore Samuel Brunner, la psicologa e scrittrice Věra Capponi e molti altri.
Un cippo ricorda l’olocausto di 807 ebrei di Brno morti nei campi di concentramento nazisti.
Una piantina del cimitero con l’illustrazione delle tombe più importanti si trova nella Guida al Cimitero Ebraico di Brno del Centro Informazioni turistiche.
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